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Mi sa che mi son preso la bulldogghite… (sarà grave, Dottore?)  

di Homo Ridens

 Non pensavo proprio che alla mia età potessi scoprire delle gioie impensate e per me inaudite. Due anni fa Marta mi chiede se vogliamo prendere un cane, ma non un cane qualunque, un bulldog, un bulldog inglese. Io, che al massimo ho avuto solo dei pesciolini rossi e qualche gatto (ma quando ero piccolo, molto piccolo), non sapevo che dirle: d’istinto le avrei risposto subito NO! I cani non li avevo mai sopportati, anzi ne avevo un po’ paura, eppoi tra i tanti tipi proprio un bulldog? Ma più brutto non c’è?  Marta è sempre così dolce con me, così innamorata che non volevo e non potevo deluderla, dopotutto se lo meritava e dissi di sì. Un sì che cambiò la nostra vita. Iniziammo a girare in zona per vedere qualche allevamento, prima dalla Paola a L***, e qui le mie resistenze iniziarono a non trovare scuse dove trincerarsi, incontrammo delle belle cucciole (grandi) ma di un’affettuosità ed una simpatia uniche, anche la mia paura veniva meno…  Poi andammo dalla Luana sopra R*** e lì mi fermò soltanto il prezzo (spropositato, ancor oggi!!) i cuccioli invece erano uno più bello dell’altro, ci lasciammo il cuore…

Finalmente Marta, che iniziò ad usare sempre con più maestria e metodo il computer, navigando su Internet nei vari mercatini o bacheche arrivò alla padrona di Ermione, si chiama S*** ed abitava a Livorno, sì avete letto bene, ma questo non era motivo di rinunzia, anzi divenne lo stimolo per una simpatica e gioiosa “gita” in Toscana. Arrivammo in perfetto orario e senza navigatore, vedemmo Ermione e fu amore a prima vista, per Marta e per i figli soprattutto. Io dovevo ancora un po’ elaborare l’accaduto. Ma in fondo al cuore ero felice. Prendemmo la cucciola e ripartimmo verso casa. Tutta la famiglia si strinse – ognuno a suo modo – attorno alla nuova venuta che in poco, pochissimo  tempo si guadagnò l’affetto e le attenzioni di ciascuno di noi.

In questi due anni il rapporto con lei (Ermione) crebbe e si fece sempre più intenso e spontaneo, le mie paure scomparvero completamente (o quasi) e non avevo timore di farmi “mordicchiare” o leccare. Mi colpiva il suo sguardo poco canino e molto… espressivo; l’attenzione che poneva ad ogni nostro gesto, nulla le sfuggiva anche se non a tutto dava seguito (dopotutto come ripeteva Marta: “E’ un molossoide, e i molossoidi non vanno… forzati!”).

Infine questa decisione, un po’ folle ed incosciente, di far “accoppiare” e quindi partorire Ermione, altro non è che il dono, il compimento di quel sì che ci dicemmo al desiderio di prendere un bulldog in casa. Non pensavo che a cinquantadue anni potessi commuovermi così tanto davanti a questi otto piccoli bulldogghini: sono stato io che ho avuto il privilegio – dopo il cesareo – ad attaccare i cuccioli a mamma Ermione, giù in clinica veterinaria (e mi stupivo che questi “toponi” non mi facessero schifo, anzi…), F*** e Marta erano dai genitori.

Tornati a casa con questi cuccioli dentro una scatola con coperte e “boulle”, realizzate con guanti da dottore riempiti d’acqua calda, li ponemmo pieni di cure e timori nella nuova culla sotto una gigante lampada rossa che li tenesse al caldo. Subito Marta si organizzò come balia e amministrò a ciascun cucciolo la sua razione di latte in polvere, con cadenza ogni due ore… Fortunatamente il giorno dopo Ermione assieme all’altro cucciolo tornarono a casa e potemmo godere del cambio di atteggiamento di Ermione verso i suoi cuccioli: dopo averli guardati a lungo entrò nella cuccia, si rese disponibile all’assalto dei famelici figliuoli e iniziò a leccarli, per pulirli e stimolare i loro bisogni fisiologici (me lo ha spiegato poi la Marta). Durante la notte – a turno – dormivamo (e dormiamo) sul divano per attaccare i cuccioli alle tette della mamma e a contare se ci sono tutti i cuccioli: “1, 2, 3…6, 7!!! Ehi!, ne manca uno dov’è, aiuto!! Ah, eccolo è finito sotto la coperta”…  

 

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