Mi
sa che mi son preso la bulldogghite… (sarà grave, Dottore?)
di Homo Ridens
Finalmente
Marta, che iniziò ad usare sempre con più maestria e metodo il computer,
navigando su Internet nei vari mercatini o bacheche arrivò alla padrona di
Ermione, si chiama S*** ed abitava a Livorno, sì avete letto bene, ma questo
non era motivo di rinunzia, anzi divenne lo stimolo per una simpatica e gioiosa
“gita” in Toscana. Arrivammo in perfetto orario e senza navigatore, vedemmo
Ermione e fu amore a prima vista, per Marta e per i figli soprattutto. Io dovevo
ancora un po’ elaborare l’accaduto. Ma in fondo al cuore ero felice.
Prendemmo la cucciola e ripartimmo verso casa. Tutta la famiglia si strinse –
ognuno a suo modo – attorno alla nuova venuta che in poco, pochissimo tempo
si guadagnò l’affetto e le attenzioni di ciascuno di noi.
In
questi due anni il rapporto con lei (Ermione) crebbe e si fece sempre più
intenso e spontaneo, le mie paure scomparvero completamente (o quasi) e non
avevo timore di farmi “mordicchiare” o leccare. Mi colpiva il suo sguardo
poco canino e molto… espressivo; l’attenzione che poneva ad ogni nostro
gesto, nulla le sfuggiva anche se non a tutto dava seguito (dopotutto come
ripeteva Marta: “E’ un molossoide, e i molossoidi non vanno… forzati!”).
Infine
questa decisione, un po’ folle ed incosciente, di far “accoppiare” e
quindi partorire Ermione, altro non è che il dono, il compimento di quel sì
che ci dicemmo al desiderio di prendere un bulldog in casa. Non pensavo che a
cinquantadue anni potessi commuovermi così tanto davanti a questi otto piccoli
bulldogghini: sono stato io che ho avuto il privilegio – dopo il cesareo –
ad attaccare i cuccioli a mamma Ermione, giù in clinica veterinaria (e mi
stupivo che questi “toponi” non mi facessero schifo, anzi…), F*** e Marta
erano dai genitori.
Tornati a casa con questi cuccioli dentro una scatola con coperte e “boulle”, realizzate con guanti da dottore riempiti d’acqua calda, li ponemmo pieni di cure e timori nella nuova culla sotto una gigante lampada rossa che li tenesse al caldo. Subito Marta si organizzò come balia e amministrò a ciascun cucciolo la sua razione di latte in polvere, con cadenza ogni due ore… Fortunatamente il giorno dopo Ermione assieme all’altro cucciolo tornarono a casa e potemmo godere del cambio di atteggiamento di Ermione verso i suoi cuccioli: dopo averli guardati a lungo entrò nella cuccia, si rese disponibile all’assalto dei famelici figliuoli e iniziò a leccarli, per pulirli e stimolare i loro bisogni fisiologici (me lo ha spiegato poi la Marta). Durante la notte – a turno – dormivamo (e dormiamo) sul divano per attaccare i cuccioli alle tette della mamma e a contare se ci sono tutti i cuccioli: “1, 2, 3…6, 7!!! Ehi!, ne manca uno dov’è, aiuto!! Ah, eccolo è finito sotto la coperta”…
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